L’Italia del riuso, buone pratiche da potenziare
di Antonio Pergolizzi, Daniele Di Stefano e Madi Ferrucci
Allungare la vita degli oggetti per evitare il più possibile che diventino rifiuti: è un obiettivo fondante delle strategie europee per la gestione dei rifiuti e del Piano d’azione Ue per l’economia circolare.
Prima di tutto c’è la prevenzione: tutto ciò che può evitare a monte la formazione di nuovi rifiuti, dunque, è benvenuto e va incoraggiato. Il riuso, la riparazione, la vendita di prodotti di seconda mano sono insomma non solo iniziative di buonsenso ma anche ingredienti fondamentali per la strategia ambientale europea e il Green Deal.
Eppure in Italia si attende da 10 anni il decreto ministeriale per la preparazione al riutilizzo, previsto, in attuazione della direttiva quadro sui rifiuti, dal decreto legislativo 205/2010. Un’attesa che di fatto impedisce il diffondersi di pratiche virtuose presenti già oggi nel nostro Paese, che descriveremo in questo Speciale, con il quale per la prima volta si offre un quadro dello stato dell’arte normativo accompagnato alla presentazione della mappatura dei centri del riuso italiani.
Buone pratiche che per essere replicate e uscire dall’angolo del mero volontariato hanno bisogno di un quadro normativo chiaro. Nonché di agevolazioni che riconoscano il valore ambientale, sociale ed economico di attività che sottraggono rifiuti a discariche e inceneritori e riducono il prelievo delle materie prime necessarie a produrre nuovi beni.
In questo Speciale raccontiamo il fenomeno dei centri del riuso e della riparazione in Italia e all’estero, analizziamo le potenzialità della filiera del riuso e della riparazione (economie, posti di lavori, benefici sociali), e affrontiamo la questione delle norme da introdurre per valorizzare questa realtà già con il Piano di nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che il governo dovrà presentare entro fine aprile alla Commissione europea.
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